La mancata comunicazione al PM del provvedimento di apertura del procedimento disciplinare

Il procedimento disciplinare davanti al C.O.A. ha natura amministrativa, sicché la mancata comunicazione al P.M. del provvedimento di apertura del procedimento stesso non determina alcuna nullità, tanto più che la presenza del P.M. nel procedimento disciplinare è solo facoltativa. Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. De Giorgi, rel. Neri), sentenza del 20 marzo 2014, n. 37

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La non immediata comunicazione all’incolpato dell’apertura del procedimento disciplinare

La mancata immediata comunicazione all’interessato dell’avviso di incolpazione non è causa di nullità, perché nessuna norma qualifica come perentorio il termine per la comunicazione all’incolpato del procedimento di apertura del procedimento disciplinare, né tantomeno commina la sanzione della nullità di una comunicazione che non sia “immediata” (Nel caso di specie, la comunicazione in questione veniva […]

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L’elusione consapevole della disciplina sulla competenza giurisdizionale

L’avvocato può e deve tutelare il diritto del cliente con ogni mezzo messogli a disposizione dall’ordinamento, ma pur sempre nel rispetto della legge (sostanziale e processuale), nonché del fine della giustizia e della funzione sociale della professione svolta, la quale è improntata all’assoluta libertà e indipendenza. Egli non può pertanto consigliare o consentire al proprio […]

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Il CNF può integrare, in sede di appello, la motivazione della decisione del COA

La mancanza di adeguata motivazione non costituisce motivo di nullità della decisione del Consiglio dell’Ordine territoriale, in quanto, alla motivazione carente, il Consiglio Nazionale Forense, giudice di appello, può apportare le integrazioni che ritiene necessarie. Il C.N.F. è infatti competente quale giudice di legittimità e di merito, per cui l’eventuale inadeguatezza, incompletezza e addirittura assenza […]

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La suitas, quale elemento soggettivo (sufficiente) dell’illecito disciplinare

Per la configurabilità dell’illecito disciplinare sotto il profilo dell’elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, dal momento che il professionista, essendo in possesso delle necessarie conoscenze giuridiche per prevenire ed evitare, in presenza di vicende non dovute a caso fortuito o forza maggiore, le conseguenze del suo comportamento, ben può rappresentarsi le stesse conseguenze. Per […]

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La manifesta sproporzione del compenso

Nella richiesta di un compenso sproporzionato od eccessivo, quest’ultimo può valutarsi come tale solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l’attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo quando sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato, può essere formulato il successivo giudizio […]

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La primaria funzione delle norme deontologiche

In considerazione del rilievo pubblicistico della professione forense, le norme deontologiche non costituiscono uno strumento di tutela privilegiata a favore dell’avvocato, ma sono invece essenzialmente dirette a garantire alla parte assistita anche la correttezza nella gestione del rapporto professionale. Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Florio), sentenza del 18 marzo 2014, n. 29

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La richiesta di compensi superiori a quelli previsti dai parametri

La richiesta di compensi superiori a quelli tariffari è ammissibile, quando trovi corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nella complessità delle questioni giuridiche da affrontarsi, dovendo infatti ritenersi deontologicamente rilevante pattuire, proporre, richiedere, pretendere un pagamento che non trovi corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nell’attività svolta, e che non costituisca nemmeno un […]

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