Nemo tenetur se detegere: il diritto di difesa dell’incolpato comprende quello di rimanere in silenzio nonché di mentire sulle proprie responsabilità

Il dovere di “verità” e di “collaborazione” con le Istituzioni forensi ex art. 71 cdf (già art. 24 codice previgente) non preclude all’avvocato, sottoposto a procedimento o ad indagine disciplinare, il diritto di difendersi “tacendo” od anche “mentendo” sulle proprie responsabilità, ossia negando l’addebito mossogli anche col silenzio o rendendo dichiarazioni non vere, perché altrimenti ne risulterebbe coartata la sua libertà di scegliere la strategia difensiva ritenuta più opportuna, che ha il suo referente costituzionale nell’art. 24 Cost. e nel più generale diritto a difendersi e non ad auto incolparsi (Nel caso di specie, l’incolpato aveva negato di essere presente nel luogo e all’ora dell’illecito ascrittogli, perché asseritamente impegnato altrove, circostanza -questa- poi risultata smentita da evidenze documentali anche fotografiche. Per tale comportamento, l’incolpato veniva ulteriormente sanzionato in sede disciplinare. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha quindi accolto il ricorso in parte qua).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Baffa), sentenza n. 141 del 27 luglio 2020

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 141 del 27 Luglio 2020 (respinge) (censura)
- Consiglio territoriale: CDD Bologna, delibera del 11 Novembre 2016 (censura)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 20383 del 16 Luglio 2021 (respinge)
abc, Giurisprudenza CNF

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