“La questione sollevata comporta – così come emergente dalla formulazione del quesito – l’analisi di due distinti profili:
a) la sufficienza dello spatium di due anni dalla decorrenza dell’inflitta sanzione disciplinare ai fini della riammissione dell’interessato nell’albo;
b) gli effetti di tale reiscrizione con specifico riguardo all’anzianità maturata precedentemente all’applicazione della cancellazione.
La sanzione disciplinare della cancellazione dall’albo è stata introdotta, nell’articolazione dell’art. 40 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, dalla Legge 17 febbraio 1971 n. 91, prevedendosi un’ulteriore graduazione tra le originarie sanzioni della sospensione e della radiazione. La ratio legis della novella risiede nell’esigenza di modulare la misura della pena in relazione a comportamenti deontologicamente illeciti e gravi, ma non tali da determinare la radiazione (CNF, 3 giugno 1988, n. 20).
Il legislatore ha, tuttavia, omesso di disciplinare, relativamente a tale nuova sanzione, i presupposti e le modalità della reiscrizione, espressamente previsti, invece, dall’art. 47 del R.D.L. n. 1578/1933 per il caso della radiazione.
A questo proposito, è ius receptum che il professionista cancellato, al pari di quello radiato, sia titolare di uno specifico interesse pretensivo alla riammissione nell’albo; rimane, peraltro, affidata all’interpretazione sistematica delle disposizioni in materia l’individuazione dei requisiti per la reiscrizione.
La giurisprudenza di questo Consiglio Nazionale è orientata nel ritenere non applicabile alla fattispecie della cancellazione (siccome non espressamente prevista dal legislatore) la condictio temporis prescritta dall’art. 47 del R.D.L. n. 1578/1933, che consente l’eventuale reiscrizione solo dopo il decorso di cinque anni dal provvedimento di radiazione (Consiglio Nazionale Forense 5 dicembre 2006 n. 135; 22 luglio 2004 n. 187); in particolare, con la decisione n. 135/2006 questo Consiglio ha avuto modo di statuire che, coerentemente con il principio generale di graduazione della sanzione disciplinare in relazione alla gravità della condotta addebitata, il periodo di cancellazione non dovrebbe in ogni caso avere durata inferiore all’anno (in quanto l’anno è la durata massima dell’irrogabile sanzione della sospensione).
Analogamente si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (12 maggio 2008, n. 11653) affermando, altresì, il principio di diritto che “indipendentemente dalla previsione di un termine minimo, la durata del tempo decorso dalla cancellazione può essere peraltro valutata ai fini dell’apprezzamento della sussistenza del requisito della condotta specchiatissima e illibata” indicato dall’art. 17, comma 1 n. 3 del R.D.L. n. 1578/1933.
In tale prospettiva ermeneutica, il decorso del tempo, pur non rilevando quale condizione di ammissibilità dell’istanza di reiscrizione, assume, comunque, pregnante rilievo in quanto si connette naturaliter al riacquisto, da parte dell’interessato, degli ineludibili valori della dignità e della probità propri della professione forense; la prova al riguardo deve essere effettivamente fornita dal professionista (Consiglio Nazionale Forense, 11 luglio 1996, n. 96).
Nel procedimento di reiscrizione a seguito di cancellazione disciplinare il Consiglio territoriale è, quindi, tenuto ad operare una valutazione complessivamente volta all’accertamento della sussistenza del requisito soggettivo di specchiatezza ed illibatezza della condotta, nei suoi presupposti sostanziali. Si tratta, in tutta evidenza, di attività amministrativa di natura discrezionale, svincolata da parametri tipicamente predefiniti e rimessa all’apprezzamento del caso concreto.
In questi termini la risposta al primo quesito può sintetizzarsi nel senso che il Consiglio territoriale è tenuto, pregiudizialmente alla reiscrizione dell’interessato nell’albo, a verificare con adeguata concretezza il recupero pieno dei detti valori etici portanti in relazione ai quali il puro decorso del tempo assume rilievo indicativamente marginale.
Quanto al secondo quesito, concernente gli effetti della reiscrizione ai fini dell’anzianità di permanenza dell’interessato nell’albo, la questione si pone esclusivamente con riferimento ai cosiddetti diritti quesiti maturati dal professionista nel periodo precedente la cancellazione.
Nel sistema della Legge Professionale, infatti, il requisito dell’anzianità di iscrizione nell’albo rileva in relazione all’ammissione al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori ed in tema di elettorato passivo, nel caso di parità di suffragi riportati dai candidati agli organi forensi (art. 5, comma 2 del Decreto Lgs. Lgt. 23 novembre 1944, n. 382).
Ancorché la cancellazione disciplinare abbia natura diversa dall’analoga cancellazione prevista dall’art. 37 del R.D.L. n. 1578/1933, può trovare applicazione analogica – considerato che di riammissione nell’albo pur sempre si tratta – la disposizione del comma 8 di tale norma che estende gli effetti della reiscrizione anche all’albo speciale per il patrocinio avanti le giurisdizioni superiori. Ogni diversa soluzione comporterebbe, infatti, profili di ultrattività della sanzione disciplinare, ovvero conseguenze accessorie alla sanzione stessa non desumibili dall’impianto normativo della materia, la cui interpretazione non può che essere ancorata al canone della tipicità della sanzione e dei suoi effetti.
In tale prospettiva va, altresì, considerato che la cancellazione – pur nei fatti generando una vicenda interruttiva dell’iscrizione e del conseguente esercizio professionale – deve, proprio in relazione alla possibilità di reiscrizione, essere più ragionevolmente inquadrata in un evento sospensivo afferente la vita professionale dell’interessato, con la conseguenza che, ottenuta la riammissione nell’albo, l’interessato recupera – ad eccezione del periodo temporale di durata della cancellazione – l’anzianità in precedenza maturata.”
Consiglio Nazionale Forense (rel. Berruti), parere del 14 gennaio 2011, n. 4
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 4 del 14 Gennaio 2011- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera (quesito)
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