Il professionista che ometta di dichiarare al Consiglio dell’Ordine la sopravvenuta causa d’incompatibilità e provveda a successive dichiarazioni « sul proprio onore » di non trovarsi in alcuna delle condizioni di incompatibilità dimostra sia l’inosservanza voluta e meditata della legge, sia l’assenza di un pur minimo rispetto per l’ordine forense ed i colleghi tutti. La gravità e la natura di tale infrazione importano la conferma della sanzione definitiva inflitta (cancellazione), essendo manifesta nell’incolpato la carenza delle doti morali necessarie a chi voglia svolgere la professione forense. (Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 18 aprile 1989).
Consiglio Nazionale Forense (pres. GRANDE STEVENS, rel. GIOSEFFI), sentenza del 21 aprile 1990, n. 35
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 35 del 21 Aprile 1990 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 18 Aprile 1989
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