Il professionista che scientemente autentichi una firma palesemente apocrifa, anche al fine di poter concludere una transazione con la controparte, evitando l’opposizione della cliente e incamerando così il proprio onorario, viola i principi essenziali della deontologia forense quali quelli dell’onestà, correttezza, trasparenza, disinteresse ai quali l’avvocato deve ispirare le proprie azioni. Nella fattispecie è stata applicata la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di sei mesi. (Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 21 marzo 1991).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Ricciardi, rel. Di Benedetto), sentenza del 11 novembre 1992, n. 114
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 114 del 11 Novembre 1992 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 21 Marzo 1991
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