I criteri per la determinazione in concreto della sanzione disciplinare: aggravanti e attenuanti

La determinazione della sanzione disciplinare non è frutto di un mero calcolo matematico, ma è conseguenza della complessiva valutazione dei fatti (art. 21 ncdf), avuto riguardo alla gravità dei comportamenti contestati, al grado della colpa o all’eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell’incolpato precedente e successivo al fatto, alle circostanze -soggettive […]

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Le sole (e mere) dichiarazioni dell’esponente non bastano a ritenere provato l’addebito

L’attività istruttoria espletata dal consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell’esponente o di altro soggetto portatore di un interesse personale nella vicenda, ma altresì dall’analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti, che rappresentano certamente il criterio logico-giuridico inequivocabilmente a favore della […]

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Il principio del libero convincimento opera anche in sede disciplinare

Anche in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il giudice non ha l’obbligo di confutare esplicitamente le tesi non accolte né di effettuare una particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, essendo sufficiente a soddisfare l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente , […]

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Il CNF può integrare, in sede di appello, la motivazione della decisione del Consiglio territoriale

La mancanza di adeguata motivazione (nella specie, peraltro esclusa) non costituisce motivo di nullità della decisione del Consiglio territoriale, in quanto, alla motivazione carente, il Consiglio Nazionale Forense, giudice di appello, può apportare le integrazioni che ritiene necessarie, ivi compresa una diversa qualificazione alla violazione contestata. Il C.N.F. è infatti competente quale giudice di legittimità […]

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Assunzione di incarico contro ex cliente possibile solo dopo due anni e, comunque, purché sia estraneo a quello svolto in precedenza

Ai sensi dell’art. 68 cdf (già art. 51 cod. deont. previgente), l’assunzione di un incarico contro un ex-cliente è ammessa quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza. Tali condizioni devono ricorrere congiuntamente. Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Bertollini), […]

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Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente

Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente (art. 68 cdf, già art. 51 codice previgente), prescinde dalla natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata a favore di quest’ultimo, giacché è sufficiente una prestazione professionale nella più ampia definizione di assistenza, così come è irrilevante il motivo per il quale la dismissione del mandato sia […]

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L’avvocato ha l’obbligo deontologico di comunicare all’ex cliente i dati della polizza assicurativa per responsabilità professionale

Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che, nella vigenza del relativo obbligo, rifiuti di comunicare all’ex cliente i dati della polizza assicurativa per responsabilità professionale (art. 27 cdf e art. 12, co. 5, L. n. 247/2012). Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Bertollini), sentenza n. 139 del 7 luglio 2021

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La rilevanza deontologica di un comportamento prescinde dalla sua eventuale liceità civile o penale

Nell’autonomia riconosciuta dall’Ordinamento per la definizione dell’illecito deontologico, lo stesso ben può sussistere pur non costituendo illecito né civile né penale. Infatti, le ragioni e i principi che presiedono al procedimento disciplinare hanno ontologia diversa rispetto a quelli che attengono al governo dei diritti soggettivi, riguardando la condotta del professionista quale delineata attraverso l’elaborazione del […]

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