Il provvedimento con il quale viene inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi uno, inferiore al minimo edittale (ex art. 52 L. n. 247/2012 e art. 29 Reg. CNF n. 2/2014 sul Procedimento disciplinare), è invalido per errore di diritto, ricadente su una norma la cui osservanza è obbligatoria. Tale nullità può essere rilevata d’ufficio dal C.N.F. non essendo possibile legittimare una sanzione inesistente nell’ordinamento professionale. Ne consegue che, per il divieto della reformatio in pejus, deve essere inflitta la pena inferiore prevista dall’ordinamento, e cioè la censura.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Giraudo), sentenza n. 100 del 23 maggio 2023
NOTA:
In senso conforme, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Standoli), sentenza n. 163 del 3 ottobre 2022, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Brienza), sentenza n. 224 del 22 novembre 2020, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Savi, rel. Corona), sentenza n. 76 del 24 giugno 2020, Consiglio Nazionale Forense (pres. Buccico, rel. Gazzara), sentenza del 17 settembre 1999, n. 105, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Bonazzi, rel. Danovi), sentenza del 20 gennaio 1997, n. 7, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Landriscina, rel. D’Arle), sentenza del 20 marzo 1995, n. 35. In senso parzialmente difforme, l’isolata Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Cricrì, rel. Testa), sentenza del 17 settembre 2003, n. 259, secondo cui “per il divieto della reformatio in peius e l’impossibilità di sostituire la sanzione errata con una più lieve prevista dall’ordinamento, deve essere dichiarata nullità della sanzione disciplinare”.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 100 del 23 Maggio 2023 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: CDD Messina, delibera del 18 Settembre 2018 (sospensione)
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