Responsabilità disciplinare nel caso di esercizio della professione all’estero: non esiste “extraterritorialità deontologica”

Nell’esercizio di attività professionale all’estero, l’avvocato italiano deve rispettare il codice deontologico interno nonché quello del paese in cui viene svolta l’attività (art. 3 ncdf), giacché non sarebbe compatibile né coerente con il ruolo dell’avvocato e con l’altezza del ministero professionale svolto, configurare una competenza disciplinare limitata territorialmente ai confini della Repubblica Italiana, giacché la violazione di doveri fondamentali per l’esercizio della professione forense non perde o acquista connotazione e rilevanza negativa sotto il profilo deontologico in ragione del locus commissi delicti.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Picchioni), sentenza del 24 dicembre 2015, n. 202

NOTA:
Corte di Cassazione, ordinanza n. 9287 del 09 maggio 2016 ha respinto l’istanza di sospensione cautelare della sentenza di cui in massima.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 202 del 24 Dicembre 2015 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: COA Palermo, delibera del 31 Marzo 2011 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 25627 del 14 Dicembre 2016 (respinge)
abc, Giurisprudenza CNF

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