Anche in sede disciplinare opera il principio di “acquisizione della prova”, in forza del quale un elemento probatorio, legittimamente acquisito, una volta introdotto nel processo, è acquisito agli atti e, quindi, è ben utilizzabile da parte del giudice al fine della formazione del convincimento. Conseguentemente, le risultanze probatorie acquisite, pur se formate in un procedimento diverso ed anche tra diverse parti, sono utilizzabili da parte del giudice disciplinare, ferma la libertà di valutarne la rilevanza e la concludenza ai fini del decidere, senza che, tuttavia, si possa negare ad esse pregiudizialmente ogni valore probatorio solo perché non “replicate” e “confermate” in sede disciplinare. Ciò, peraltro, non incide in alcun modo sul diritto di difesa dell’incolpato il quale, nel corso del procedimento, può: a) produrre documenti; b) interrogare o far interrogare i testimoni indicati; c) rendere dichiarazioni e, ove lo chieda o vi acconsenta, sottoporsi all’esame della sezione competente per il dibattimento; d) avere la parola per ultimo, prima del proprio difensore.
NOTA:
In senso conforme, da ultimo, Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Napoli), sentenza n. 109 del 22 maggio 2021, nonché, in sede di Legittimità, Corte di Cassazione (pres. Virgilio, rel. Criscuolo), SS.UU, sentenza n. 19030 del 6 luglio 2021.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 240 del 08 Novembre 2023 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Napoli, delibera n. 25 del 21 Febbraio 2022 (sospensione)
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