Il diritto di difesa non scrimina l’illiceità deontologica di espressioni esorbitanti, perché non pertinenti né necessarie a sostenere la tesi adottata, gratuitamente offensive nei confronti del collega, e palesemente ispirate da un ardore vendicativo, che non è infatti aderente ai generali doveri di probità, dignità e decoro ai quali l’avvocato deve comunque conformarsi (Nel caso di specie, l’incolpato aveva trattato sprezzantemente il collega avversario, invitandolo a “curare di più la propria crescita professionale” e definendo le sue argomentazioni difensive un “lurido stratagemma dialettico”).
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Borsacchi), sentenza del 2 ottobre 2014, n. 127.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 177 del 11 Dicembre 2014 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Verona, delibera del 30 Maggio 2011 (censura)
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