Nell’ambito della propria attività difensiva, l’avvocato deve e può esporre le ragioni del proprio assistito con ogni rigore utilizzando tutti gli strumenti processuali di cui dispone e ciò massimamente nella fase dell’impugnazione, atto diretto a criticare anche severamente una precedente decisione giudiziale e ciò rappresentando con la maggiore efficacia possibile la carenza di motivazione del provvedimento impugnato. Tuttavia, il diritto della difesa incontra un limite insuperabile nella civile convivenza, nel diritto della controparte o del giudice a non vedersi offeso o ingiuriato: soggetti nei confronti dei quali non devono essere utilizzate espressioni dirette consapevolmente ad insinuare la esistenza di condotte illecite o la violazione del fondamentale dovere di imparzialità, dovendosi mantenere con il giudice un rapporto improntato a dignità e decoro sia con riferimento alla persona del giudicante che al suo operato e alla funzione esercitata.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 113 del 27 Settembre 2018 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Pescara, delibera del 02 Ottobre 2014 (censura)
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