Conflitto di interessi: l’illecito (di pericolo) garantisce l’assoluta terzietà dell’avvocato al di sopra di ogni dubbio

Affinché possa dirsi rispettato il canone deontologico posto dall’art. 24 cdf (già art. 37 codice previgente) non solo deve essere chiara la terzietà dell’avvocato, ma è altresì necessario che in alcun modo possano esservi situazioni o atteggiamenti tali da far intendere diversamente. La suddetta norma, invero, tutela la condizione astratta di imparzialità e di indipendenza dell’avvocato – e quindi anche la sola apparenza del conflitto – per il significato anche sociale che essa incorpora e trasmette alla collettività, alla luce dell’id quod plerumque accidit, sulla scorta di un giudizio convenzionale parametrato sul comportamento dell’uomo medio, avuto riguardo a tutte le circostanze e peculiarità del caso concreto, tra cui la natura del precedente e successivo incarico.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Napoli), sentenza n. 121 del 11 giugno 2021

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 121 del 11 Giugno 2021 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: CDD Brescia, delibera del 19 Luglio 2017 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 8337 del 15 Marzo 2022 (accoglie)
abc, Giurisprudenza CNF

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