In caso di accertata responsabilità penale del praticante per fatti commessi nell’esercizio di funzioni al medesimo affidate in ragione della sua appartenenza al mondo della professione, consistenti nell’abuso di quelle funzioni con relativo approfittamento di denaro aggravato dall’entità delle somme trattenute, deve ritenersi legittima, sulla base di principi che presiedono all’appartenenza al ceto forense, il diniego di iscrizione dell’incolpato all’albo degli Avvocati, configurando le riferite condotte illeciti di tale gravità specifica da escludere, forse senza possibilità di rimedio, che l’agente possa mai assurgere a livelli etici tali da assumere la veste di avvocato. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bologna, 25 luglio 2005).
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 123 del 21 Novembre 2006 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Bologna, delibera del 25 Luglio 2005
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