Secondo il disposto del d.p.r. n. 101/1990 e nell’art. 26 c.d.f., l’avvocato che abbia presso lo studio un praticante deve controllare la veridicità della annotazioni (con riferimento alla esistenza del caso trattato), e la veridicità delle circostanze (con riferimento alla soluzione data) che il praticante riporta nel libretto della pratica, senza indulgere a motivi di favore o di amicizia; pone in essere, pertanto, un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che attesti falsamente la veridicità di quanto scritto nel libretto della pratica. (Nella specie è stato assolto il professionista in considerazione del fatto che lo stesso era convinto di non poter entrare nel merito della soluzione scritta sul libretto dal praticante, pur essendo questa illecita e diversa da quella adottata in realtà presso lo studio). (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Reggio Emilia, 4 ottobre 1999).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. DANOVI, rel. TESTA), sentenza del 19 febbraio 2002, n. 3
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 3 del 19 Febbraio 2002 (accoglie)- Consiglio territoriale: COA Reggio Emilia, delibera del 04 Ottobre 1999
0 Comment