Avvocato – Norme deontologiche – Rapporti con i colleghi – Illecito deontologico – Ipotesi di sussistenza.

Pone in essere un comportamento contrario all’obbligo nascente dall’art. 27 del codice deontologico, il professionista che faccia notificare copia semplice della sentenza che definisca il giudizio nel quale egli stesso è attore direttamente alle controparti costituite e non al Collega che le rappresenti. Invero, trattandosi di copia semplice priva di ogni valenza giuridica processuale e/o negoziale, la notifica ha natura di normale comunicazione epistolare, che, come tale, deve essere indirizzata al Collega per l’obbligo di cui al ridetto art. 27 (nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto irrilevante la circostanza che il legale avesse agito anche quale privato, giacché, a prescindere dal fatto che anche l’attività extra forense soggiace al controllo deontologico – canone II dell’art. 5 -, il ricorrente aveva agito non solo come parte, ma anche come avvocato di sé stesso, ed in tale funzione avrebbe dovuto tenere i comportamenti imposti al legale, poiché non è consentito approfittare della duplice veste di parte e di avvocato al fine di realizzare condotte che sarebbero inibite ad un legale estraneo – come d’uso – agli interessi personali della parte). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Trieste, 2-12 aprile 2005).

Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. BIANCHI), sentenza del 5 ottobre 2006, n. 71

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 71 del 05 Ottobre 2006 (respinge)
- Consiglio territoriale: COA Trieste, delibera del 12 Aprile 2005
Giurisprudenza CNF

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