A differenza della prescrizione disciplinata dal codice penale, che è causa di estinzione del reato, e, come tale, ove si verifichi successione di leggi, determina l’applicazione di quella più favorevole al giudicabile, nell’ordinamento professionale la prescrizione non estingue la violazione deontologica, ma l’azione disciplinare; non costituisce pertanto istituto di diritto sostanziale, bensì di diritto processuale, con la conseguente riferibilità alla norma vigente al momento dell’applicazione.
Il procedimento disciplinare sospeso si estingue ove nel termine perentorio di sei mesi non viene riassunto ex art. 297 c.p.c. (ritenuto applicabile in materia); il termine utile per detta riassunzione tuttavia decorre (in forza della sentenza della Corte costituzionale del 4 marzo 1970, n. 34) non già dalla cessazione della causa di sospensione, bensì dalla conoscenza che ne abbiano avuto le parti nel giudizio sospeso. (Rigetto del ricorso).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Cagnani, rel. Casalinuovo), sentenza del 21 febbraio 1993, n. 19
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 19 del 21 Febbraio 1993 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 21 Febbraio 1992
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