Questa Commissione ha avuto occasione di chiarire (pareri nn. 31/2012 e 53/2013) che l’obbligo di esercitare la professione di intesa con un avvocato italiano implica che “non vi possa essere un affiancamento in via generale ad un avvocato abilitato ma che tale integrazione di poteri debba essere fornita per ogni singola procedura”.
Non può infatti ammettersi un atto di intesa preventiva, a carattere generale ed indifferenziato, poiché esso comporterebbe di fatto per l’avvocato stabilito (ed affiancato) una piena abilitazione sottraendolo al controllo dell’avvocato “affiancante” il quale non potrà, quindi, essere indicato in una dichiarazione d’intesa che non sia specificatamente riferita alla singola controversia trattata. Si segnala inoltre che l’art. 10 del d.lgs. 96/2001 espressamente esclude che, per effettuare prestazioni stragiudiziali, l’avvocato stabilito sia sottoposto alle limitazioni di cui all’art. 8, e cioè debba agire di intesa con altro avvocato del libero foro.
La risposta al quesito deve essere resa nel senso che l’avvocato stabilito non sia tenuto a depositare presso il C.O.A., o ad allegare in via preventiva alla domanda di iscrizione, alcuna dichiarazione di intesa con avvocati abilitati.
Consiglio nazionale forense (rel. Picchioni), parere 24 settembre 2014, n. 68
Quesito n. 425, COA di Milano
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 68 del 24 Settembre 2014- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera (quesito)
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