Questa Commissione ha avuto modo di affermare, con indirizzo univoco, la non liceità deontologica dell’utilizzazione della dicitura “Studio Legale” da parte di chi non sia abilitato a titolo definitivo alla professione legale e non sia iscritto all’albo degli avvocati.
Tale principio è stato affermato anche nell’ipotesi di iscrizione al registro dei praticanti avvocati ammessi al patrocinio siccome titolari di uno status abilitativo provvisorio meramente finalizzato al tirocinio forense ed alla partecipazione all’esame d’avvocato, essendosi ritenuto che la locuzione “Studio Legale” evocasse l’immagine di una piena professionalità idonea a consentire la professione forense in tutte le sue varie connotazioni (CNF pareri 38/2009, 44/2010, 41/2011) inducendo il cliente in errore sull’abilitazione del titolare dello studio.
Il principio su esposto deve, a fortiori, essere ritenuto applicabile nei confronti di coloro che non siano iscritti ad un Albo o ad un Registro tenuto da un Consiglio dell’Ordine Avvocati osservandosi, peraltro, che la sanzione in una tale ipotesi non potrebbe comunque derivare dall’Ordinamento Professionale Forense stante l’assenza del potere disciplinare nei confronti dei non iscritti.
Sarà quindi eventualmente facoltà, se non onere, del C.O.A. valutare la singola fattispecie onde verificare se nel concreto l’utilizzo illegittimo della dicitura Studio Legale sia sintomatico dell’esercizio di attività in violazione degli art. 348 c.p. e 488 c.p. ed assumere, eventualmente, le conseguenti iniziative avanti all’Autorità Giudiziaria competente.
Consiglio Nazionale Forense (rel. Picchioni), parere del 21 settembre 2011, n. 86
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 86 del 21 Settembre 2011- Consiglio territoriale: COA Massa, delibera (quesito)
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