Quesito n. 171: Con nota pervenuta il 6 luglio 2012 il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Avezzano ha richiesto parere in merito al seguente quesito: “può un praticante conseguire la frequentazione di 20 udienze in un arco temporale maggiore di 6 mesi, ossia in 8 mesi? In questo caso il periodo di 6 mesi deve intendersi perso oppure si verifica lo slittamento del periodo complessivo di pratica? Il praticante può rimediare a tale stato di cose?”.

Va preliminarmente chiarito che l’articolazione della pratica forense in semestri consecutivi, così come previsto dal D.P.R. n. 101/1990 (art. 6), si connette al sistema di controllo periodico dell’effettività della pratica stessa, assegnato ai Consigli territoriali dal comma 2 della predetta disposizione regolamentare. Ciò non toglie che, ai fini del rilascio del certificato di compiuta pratica (art. 9), il Consiglio dell’Ordine è tenuto a valutare complessivamente l’effettuata pratica.
L’assistenza alle udienze (non di mero rinvio) costituisce uno degli elementi formativi caratterizzanti lo svolgimento della pratica, insieme alla redazione di atti processuali o stragiudiziali ed alle questioni giuridiche alla cui soluzione il praticante abbia collaborato.
La concorrenza di tali requisiti realizza, secondo la ratio del D.P.R. n. 101/1990, il presupposto della continuità e dell’assiduità della pratica.
Ritiene pertanto la Commissione che il mancato conseguimento, da parte del praticante, del numero minimo di udienze prescritto dall’art. 6 del D.P.R. n. 101/1990 nell’arco temporale di un semestre non possa, di per sé solo, legittimare l’allungamento del relativo periodo di pratica forense, ove nel semestre successivo l’interessato abbia colmato la lacuna numerica.
Si sottolinea, al riguardo, che in virtù del potere di vigilanza assegnato al Consiglio dell’Ordine dall’art. 6, comma 3 del D.P.R. n. 101/1990 si rende, in ogni caso, opportuno l’accertamento da parte del Consiglio dell’Ordine delle ragioni oggettive che possano giustificare il ridotto numero di udienze (considerato, altresì, che il professionista affidatario del praticante, essendo tenuto ad asseverare le annotazioni riportate nel libretto della pratica, potrà evidentemente egli stesso attestare la causa del deficit numerico).
D’altro canto, l’art. 4, ultimo comma del R.D. n. 34/1937 configura tipicamente la sola ipotesi dell’interruzione della pratica per un periodo superiore a sei mesi, alla quale consegue ex lege la privazione degli effetti della pratica previamente svolta.
In considerazione della natura “sanzionatoria” dell’anzidetta disposizione legislativa – in quanto tale insuscettibile di estensione analogica – la Commissione osserva che, in assenza di ogni altra utile indicazione normativa, il periodo della prativa forense non si presti ad allungamenti, non consentendo il sistema una tale elasticità.
Laddove, pertanto, il Consiglio dell’Ordine non accerti che il mancato conseguimento del numero minimo di udienze per semestre si associa ad ulteriori elementi di valutazione indicativi di una condizione propriamente interruttiva della pratica forense (omessa attestazione degli atti processuali o stragiudiziali e delle questioni giuridiche trattati nel periodo di riferimento), ritiene la Commissione che le udienze mancanti in un semestre possano validamente essere integrate nel semestre successivo.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Berruti), parere del 28 settembre 2012, n. 52

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 52 del 28 Settembre 2012
- Consiglio territoriale: COA Avezzano, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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