L’avvocato ha il dovere di comportarsi in ogni situazione, quindi anche sui social e nella dimensione privata, con la dignità ed il decoro imposti dalla funzione che svolge, la quale comporta doveri additivi rispetto al comune cittadino, a salvaguardia della reputazione e dell’immagine dell’Avvocatura.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Pizzuto), sentenza n. 195 del 15 luglio 2025
NOTA:
Sulla potenziale rilevanza deontologica della “vita privata” dell’avvocato, cfr. l’art. 2 co. 1 cdf (“Le norme deontologiche […] si applicano anche ai comportamenti nella vita privata”), l’art. 9 co. 2 cdf (“anche al di fuori dell’attività professionale”), l’art. 24 co. 2 cdf (conflitti di “interessi riguardanti la propria sfera personale”), l’art. 63 co. 1 cdf (“anche al di fuori dell’esercizio del suo ministero”) e l’art. 64 co. 2 cdf (“inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione”). Infine, la potenziale rilevanza deontologica della vita privata non contrasta con l’art. 8 CEDU, che inibisce sì indebite intrusioni e aggressioni alla sfera privata e familiare delle persone, ma lascia integro il potere-dovere delle autorità competenti di valutare e, occorrendo, di sanzionare i comportamenti che si pongano in contrasto con i rispettivi ordinamenti (Cass. n. 23020/2011).
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 195 del 15 Luglio 2025 (accoglie) (assoluzione)- Consiglio territoriale: CDD Trieste, delibera del 06 Febbraio 2020 (richiamo)
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