Offese in atti giudiziari: implicito l’“animus iniuriandi”

Violano l’art. 52 ncdf (già art. 20 codice previgente) le espressioni usate dal professionista che rivestano un carattere obiettivamente sconveniente ed offensivo e che si situino ben al di là del normale esercizio del diritto di critica e di confutazione delle tesi difensive dell’avversario, per entrare nel campo, non consentito dalle regole di comportamento professionale, del biasimo e della deplorazione dell’operato dell’avvocato della controparte, dovendo peraltro ritenersi implicito l’“animus iniuriandi” nella libera determinazione di introdurre quelle frasi all’indirizzo di un altro difensore in una lettera ed in un atto difensivo.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Calabrò), sentenza del 18 dicembre 2017, n. 207

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 207 del 18 Dicembre 2017 (respinge) (avvertimento)
- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 18 Novembre 2013 (avvertimento)
abc, Giurisprudenza CNF

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