Ai fini di una corretta risposta al quesito, va considerato che il R.D.L. 1578/33 stabilisce che l’esercizio della professione è “incompatibile con qualunque impiego o ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Provincie, dei Comuni e in generale di qualsiasi Amministrazione o Istituzione pubblica soggetta a vigilanza dello Stato, delle Province e dei Comuni”.
Con la L. 662/96 tale norma venne parzialmente modificata prevedendosi un’eccezione al divieto per i dipendenti che abbiano ottenuto l’iscrizione dopo il 1996 e che risultando ancora iscritti abbiano optato per un rapporto a tempo parziale, fino al 50%.
Nel 2003, con la legge n. 339, i divieti di cui al R.D.L. vennero ripristinati per la professione forense, cosicché ove mai il professionista che alla data del 1996 risultava ancora iscritto non avesse dato, entro il 2006, comunicazione all’Ordine dell’opzione, i Consigli sarebbero stati tenuti alla cancellazione d’ufficio. Ne consegue che l’esercizio della professione è incompatibile con qualsiasi impiego pubblico, anche a tempo parziale.
La legge n. 339/2003, peraltro, ha superato il vaglio di costituzionalità (cfr. Corte cost., sent. N. 390/2006) nonché il controllo di compatibilità con le Direttive dell’Unione Europea. La Corte di Giustizia, infatti, nella sentenza 2 dicembre 2010, Jakubowska, in c. C-225/09, ha chiarito che la Direttiva n. 98/5 CE, da alcuni invocata a sostegno della compatibilità, vada interpretata nel senso che lo Stato membro ben può imporre restrizioni all’esercizio simultaneo della professione forense e dell’impiego pubblico con il fine di conseguire l’obbiettivo della prevenzione dei conflitti d’interesse. Infatti, indispensabile condizione all’esercizio della professione è l’indipendenza dell’avvocato rispetto ai pubblici poteri, cosa che non può avvenire per il pubblico dipendente, seppure part-time, a cui si impone un dovere di subordinazione, non potendo egli agire in contrasto di interessi con la P.A.
In sostanza, in virtù della normativa dettata dalla L. 339/03 non è consentito ritenere compatibile l’attività di pubblico dipendente part-time e l’esercizio della professione forense.
La Commissione pertanto, considerando anche il quadro normativo e giurisprudenziale, rileva che, allo stato attuale, non si può ritenere ammissibile l’esercizio della professione forense da parte di dipendente statale (ancorché in possesso dei requisiti di legge relativi all’abilitazione professionale), che abbia optato per il part-time e che abbia ottenuto l’iscrizione. In conseguenza di quanto precede il professionista iscritto all’Ordine non potrà mantenere l’iscrizione nel relativo albo.
Consiglio Nazionale Forense (rel. Morlino), parere del 23 febbraio 2012, n. 2
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 2 del 23 Febbraio 2012- Consiglio territoriale: COA Castrovillari, delibera (quesito)
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