Ai fini della prescrizione dell’azione disciplinare, la violazione dell’art. 33 cdf costituisce illecito deontologico permanente, il cui relativo dies a quo prescrizionale va individuato nel momento cui il professionista ponga fine all’omissione, ovvero effettui il comportamento positivo dovuto, oppure – sollecitato in tal senso – opponga il rifiuto affermando l’asserita legittimità del proprio contegno, con la precisazione che tale diritto debba essere rivendicato espressamente nei confronti dell’altra parte contrattuale (cliente/parte assistita) e non nelle difese contro la pretesa punitiva dello Stato esercitata con il processo penale ovvero in sede disciplinare; in ogni caso, al fine di evitare una irragionevole imprescrittibilità dell’illecito stesso, un “limite alternativo” alla sua permanenza deve essere individuato nella decisione disciplinare di primo grado.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. D’Agostino), sentenza n. 282 del 28 giugno 2024
NOTA:
In senso conforme, Cass. n. 24268/2024, CNF n. 233/2024, CNF n. 196/2024, CNF n. 127/2024, CNF n. 262/2023, CNF n. 156/2023, CNF n. 201/2012, CNF n. 132/2011.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 282 del 28 Giugno 2024 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: CDD Palermo, delibera del 12 Gennaio 2018 (sospensione)
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