La disciplina introdotta dall’art. 56 della l. n. 247/2012 presenta un possibile contrasto tra il comma 1 e il comma 3, dato che, pur prevedendo il comma 1 che il termine di prescrizione è di sei anni, il comma 3 stabilisce che da ogni atto interruttivo decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. Tale possibile contrasto consiste nel fatto che, ove il primo atto interruttivo (comunicazione della notizia di illecito) intervenga prima del decorso di un anno dalla commissione del fatto, il termine di prescrizione, che il comma 1 stabilisce essere di sei anni, si ridurrebbe ad un periodo inferiore, stante la previsione della decorrenza, dall’interruzione, di un nuovo termine di cinque anni. In tale ipotesi, quindi, l’atto interruttivo, che ha notoriamente la funzione di prolungare il termine prescrizionale originario, ne comporterebbe, invece, paradossalmente, l’accorciamento, in base all’interpretazione letterale della norma, sebbene penalizzante per l’istituzione efficiente.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Napoli), sentenza n. 271 del 30 dicembre 2022
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 271 del 30 Dicembre 2022 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: CDD Bologna, delibera n. 51 del 10 Settembre 2021 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 22463 del 26 Luglio 2023 (respinge)
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