Il comportamento dell’avvocato deve essere adeguato al prestigio della classe forense, che impone comportamenti individuali ispirati a valori positivi, immuni da ogni possibile giudizio di biasimo, etico, civile o morale. Conseguentemente, commette e consuma illecito deontologico l’avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi (art. 64 cdf) e ciò indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica, oltre che di natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più sull’immagine della classe forense. La violazione deontologica, peraltro, sussiste anche a prescindere dalla notorietà dei fatti ma è ancora più grave risulta essere l’illecito deontologico nel caso in cui il professionista, non adempiendo ad obbligazioni titolate, giunga a subire sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, considerato che l’immagine dell’avvocato risulta in tal modo compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Pizzuto), sentenza n. 57 del 10 marzo 2025
NOTA:
In senso conforme, da ultimo, CNF n. 463/2024, CNF n. 373/2024, CNF n. 324/2024.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 57 del 10 Marzo 2025 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Perugia, delibera del 25 Ottobre 2022 (sospensione)
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