Il nuovo Codice Deontologico Forense è informato al principio della tipizzazione della condotta disciplinarmente rilevante, “per quanto possibile” (art. 3, co. 3, L. 247/2012), poiché la variegata e potenzialmente illimitata casistica di tutti i comportamenti (anche della vita privata) costituenti illecito disciplinare non ne consente una individuazione dettagliata, tassativa e non meramente esemplificativa. Conseguentemente, la mancata “descrizione” di uno o più comportamenti e della relativa sanzione non genera l’immunità, giacché è comunque possibile contestare l’illecito anche sulla base della citata norma di chiusura, secondo cui “la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza”, in combinato disposto con l’art. 9 ncdf (“Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza”), già artt. 5 e 6 codice previgente.
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Gaziano), sentenza del 10 maggio 2017, n. 57, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Iacona), sentenza del 29 aprile 2017, n. 44, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Caia), sentenza del 4 aprile 2017, n. 41.
In sede di Legittimità, in senso conforme, Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Manna), SS.UU, sentenza n. 17720 del 18 luglio 2017 nonché Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Chindemi), SS.UU, ordinanza n. 17115 dell’11 luglio 2017.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 61 del 01 Giugno 2017 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 02 Dicembre 2013 (censura)
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