Le espressioni sconvenienti od offensive non sono scriminate dalla provocazione altrui né dalla reciprocità delle offese

L’avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione (quindi anche nella dimensione privata e non propriamente nell’espletamento dell’attività forense), con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l’avvocatura svolge nella giurisdizione (art. 5 9 cdf) e deve in ogni caso astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti od offensive (art. 52 cdf), la cui rilevanza deontologica non è peraltro esclusa dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese, né dallo stato d’ira o d’agitazione che da questa dovesse derivare, non trovando applicazione in tale sede l’esimente prevista dall’art. 599 c.p. (Nel caso di specie, l’avvocato si era rivolto alla propria ex moglie con numerosi appellativi offensivi, tra cui “peripatetica”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato il ricorso dell’incolpato avverso la sanzione disciplinare irrogatagli dal CDD).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Palma), sentenza n. 107 del 27 marzo 2024

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 107 del 27 Marzo 2024 (respinge) (censura)
- Consiglio territoriale: CDD Brescia, delibera del 21 Ottobre 2020 (censura)
Giurisprudenza CNF

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