La libertà che viene riconosciuta alla difesa della parte non può mai tradursi in una licenza ad utilizzare forme espressive sconvenienti e offensive nella dialettica processuale, con le altre parti, il giudice o i terzi, ma deve invece rispettare i vincoli imposti dai doveri di correttezza e decoro (Nel caso di specie, l’avvocato aveva utilizzato l’espressione “…chi ha il piacere di mandarla affa…”).
Consiglio distrettuale di disciplina di Bologna (pres. Anceschi, rel. Anceschi), decisione n. 91 del 21 novembre 2019
Sanzione: CENSURA
0 Comment