Lo studio professionale deve garantire la riservatezza del cliente, quale esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone, sicché, qualora l’ufficio si trovi a pian terreno sul fronte strada, porte e finestre devono essere schermati o riparati dalla vista dei passanti. Tale riservatezza, peraltro, non è rinunciabile da parte del cliente (che, in thesi, riconoscendo ictu oculi lo stato dei luoghi come “meno riservati” scegliesse comunque di affidarsi a quel professionista), giacché il relativo dovere è posto a carico dell’avvocato a tutela dell’interesse pubblico in quanto anche la riservatezza nei rapporti fra cliente e professionista garantisce lo svolgersi dell’attività di assistenza e consulenza legale nell’ottica dell’attuazione dell’ordinamento; pertanto, così come è inibito all’avvocato rivelare i nomi dei propri clienti (art. 17 CDF), non è per costui neppure possibile esporli in vetrina.
Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. Broccardo), sentenza del 2 marzo 2012, n. 39
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 39 del 02 Marzo 2012 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Torino, delibera del 01 Luglio 2009 (censura)
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