La rilevanza deontologica di un comportamento prescinde dalla sua eventuale liceità secondo l’ordinamento civile, penale, amministrativo, ecc.

Le ragioni ed i principi che presiedono al procedimento disciplinare hanno ontologica diversa rispetto a quelli che attengono al governo dei diritti soggettivi, riguardando la condotta del professionista quale delineata attraverso l’elaborazione del codice deontologico forense e quale risultante dal dovere di correttezza e lealtà che deve informare il comportamento dello stesso; diversi sono i presupposti e le finalità che sottendono all’esercizio disciplinare e che con il provvedimento amministrativo si perseguono; diversa è l’esigenza di moralità che è tutelata nell’ambito professionale. L’illiceità disciplinare del comportamento posto in essere dal professionista deve, infatti, essere valutata solo in relazione alla sua idoneità a ledere la dignità e il decoro professionale, a nulla rilevando anche l’eventualità che tali comportamenti siano o meno configurabili come illeciti civili.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Feliziani), sentenza n. 426 del 18 novembre 2024

NOTA:
In senso conforme, da ultimo, Corte di Cassazione (pres. Spirito, rel. Garri), SS.UU., sentenza n. 25440 del 29 agosto 2023.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 426 del 18 Novembre 2024 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: CDD Bologna, delibera n. 9 del 18 Maggio 2020 (sospensione)
Giurisprudenza CNF

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