Le attività il cui esercizio è ritenuto incompatibile, a norma dell’art. 3 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, con le professioni forensi non sono caratterizzate dalla professionalità, ossia dalla normalità del loro esercizio in vista dell’attitudine a produrre reddito, bensì dalla idoneità ad incidere negativamente sulla libertà del professionista, idoneità che può, di volta in volta, derivare dall’essere esse dirette alla cura di interessi che possono interferire nell’esercizio delle suddette professioni, ovvero dalla subordinazione che esse determinano nei confronti di terzi, ovvero, infine, dai poteri che esse comportano su chi le esercita”; ne consegue che l’attività subordinata (pubblica o privata) deve certamente dirsi incompatibile con l’iscrizione all’albo, per difetto del requisito dell’indipendenza, dovendo ravvisarsi la ratio di un siffatto principio nell’esigenza di tutelare l’indipendenza della professione e l’autonomia di giudizio e di iniziativa degli avvocati nella difesa del cliente, requisiti la mancanza dei quali incide negativamente sulla libertà di determinazione del professionista.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 58 del 20 Aprile 2012 (respinge) (cancellazione amm.va)- Consiglio territoriale: COA Enna, delibera del 31 Gennaio 2011 (cancellazione amm.va)
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