La querela calunniosa del cliente non comporta automatica responsabilità per il legale che l’abbia predisposta

Non può configurarsi per l’avvocato il reato di calunnia allorchè lo stesso, in ossequio al mandato difensivo assunto, rediga per il proprio assistito un atto di denuncia-querela, che risulti poi avere carattere calunnioso, sottoscritto personalmente dal cliente di cui abbia eventualmente autenticato la firma. In particolare, non può infatti affermarsi che l’avvocato abbia inteso, sol perché ha steso l’atto, assumerne la paternità o condividerne il contenuto presumendo in capo al legale la conoscenza della calunniosità dei fatti narrati dal cliente e ciò in ragione delle modalità di predisposizione e presentazione dell’atto di impulso del procedimento penale. Perché l’avvocato risponda del reato di calunnia, eventualmente in concorso con il cliente che abbia sottoscritto la denuncia, appare perlomeno necessaria la prova che lo stesso ne abbia effettuato la stesura di pieno concerto con l’assistito (momento volitivo) nella sicura conoscenza dell’innocenza dell’incolpato.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Corona), sentenza n. 230 del 29 novembre 2022

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 230 del 29 Novembre 2022 (respinge) (radiazione)
- Consiglio territoriale: CDD Bologna, delibera del 22 Settembre 2021 (radiazione)
abc, Giurisprudenza CNF

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