Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l’avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e, riflettendosi negativamente sull’attività professionale, compromettono l’immagine dell’avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria. La violazione deontologica, peraltro, sussiste anche a prescindere dalla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l’immagine dell’avvocato risulta compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Sica), sentenza del 29 luglio 2016, n. 287
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Siotto), sentenza del 27 luglio 2016, n. 247, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Sorbi), sentenza del 23 gennaio 2017, n. 2, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Cerè), sentenza del 25 luglio 2016, n. 221, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Siotto), sentenza del 31 dicembre 2015, n. 266, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Tinelli), sentenza del 24 settembre 2015, n. 150, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Florio), sentenza del 24 settembre 2015, n. 145, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. De Giorgi), sentenza del 24 settembre 2015, n. 141, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Tacchini, rel. De Giorgi), sentenza del 14 marzo 2015, n. 59.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 287 del 29 Luglio 2016 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 23 Settembre 2013 (sospensione)
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