La contestazione dell’addebito disciplinare non deve necessariamente indicare le norme deontologiche violate

Al fine di garantire il diritto di difesa dell’incolpato (costituente il parametro di valutazione della legittimità del procedimento disciplinare in ossequio ai principi generali di buon andamento e di trasparenza dell’attività amministrativa), necessaria e sufficiente è una chiara ed esaustiva contestazione dei fatti addebitati, non assumendo, invece, rilievo la mancata indicazione delle norme violate, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati con il solo limite di non potersi sanzionare il professionista per fati diversi o ulteriori a quelli specificamente oggetto dell’incolpazione. In sostanza la contestazione dell’addebito disciplinare non richiede una minuta, completa e particolareggiata esposizione della condotta, essendo sufficiente che, con la lettura dell’incolpazione, l’interessato sia in grado di affrontare in modo efficace e compiuto le proprie difese, senza correre il rischio di essere ritenuto responsabile per fatti diversi da quelli ascrittigli.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Vannucci), sentenza n. 127 del 17 luglio 2020

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 127 del 17 Luglio 2020 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: COA Monza, delibera del 03 Novembre 2014 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 4847 del 23 Febbraio 2021 (respinge)
abc, Giurisprudenza CNF

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