La contestazione dell’addebito disciplinare non deve necessariamente indicare le norme deontologiche violate

Al fine di garantire il diritto di difesa dell’incolpato (costituente il parametro di valutazione della legittimità del procedimento disciplinare in ossequio ai principi generali di buon andamento e di trasparenza dell’attività amministrativa), necessaria e sufficiente è una chiara ed esaustiva contestazione dei fatti addebitati, non assumendo, invece, rilievo la mancata indicazione delle norme violate, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati con il solo limite di non potersi sanzionare il professionista per fati diversi o ulteriori a quelli specificamente oggetto dell’incolpazione. In sostanza la contestazione dell’addebito disciplinare non richiede una minuta, completa e particolareggiata esposizione della condotta, essendo sufficiente che, con la lettura dell’incolpazione, l’interessato sia in grado di affrontare in modo efficace e compiuto le proprie difese, senza correre il rischio di essere ritenuto responsabile per fatti diversi da quelli ascrittigli.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. De Giorgi), sentenza del 24 settembre 2015, n. 141

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Cons. Naz. Forense 15.10.2012, n. 142.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 141 del 24 Settembre 2015 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 16 Luglio 2007 (sospensione)
abc, Giurisprudenza CNF

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