L’avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa (art. 31 cdf, già art. 44 codice previgente), fatto salvo il consenso prestato dal cliente in modo specifico e dettagliato (dovendo egli conoscere l’esatto contenuto dell’obbligazione), ovvero quando si tratti di somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo di diritti e onorari ed egli non le abbia ancora ricevute dalla parte assistita. L’operatività della norma disciplinare non viene meno in presenza dei presupposti per la compensazione legale, che non opera in presenza di un divieto stabilito dalla legge (art. 1246, n. 5, c.c.). Ma in ogni caso, quand’anche operasse, l’istituto della compensazione non potrebbe mai escludere l’illecito disciplinare, giacché la deontologia forense è retta da precetti speciali suoi propri, che definiscono la correttezza e la lealtà dell’operato dell’avvocato a prescindere dalla sua eventuale liceità civile o penale.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Di Campli), sentenza n. 121 del 13 giugno 2023
NOTA:
In senso conforme, Corte di Cassazione (pres. Virgilio, rel. Falabella), SS.UU, sentenza n. 11168 del 6 aprile 2022.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 121 del 13 Giugno 2023 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Trieste, delibera del 19 Ottobre 2018 (sospensione)
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