Anche in sede disciplinare opera il principio di “acquisizione della prova”, in forza del quale un elemento probatorio, legittimamente acquisito, una volta introdotto nel processo, è acquisito agli atti e, quindi, è ben utilizzabile da parte del giudice al fine della formazione del convincimento. Conseguentemente, le risultanze probatorie acquisite, pur se formate in un procedimento diverso ed anche tra diverse parti, sono utilizzabili da parte del giudice disciplinare, ferma la libertà di valutarne la rilevanza e la concludenza ai fini del decidere, senza che, tuttavia, si possa negare ad esse pregiudizialmente ogni valore probatorio solo perché non “replicate” e “confermate” in sede disciplinare (Nel caso di specie, il procedimento penale si era concluso con l’assoluzione dell’imputato per depenalizzazione del fatto-reato contestatogli).
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Sica), sentenza n. 28 del 6 maggio 2019, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Baffa), sentenza del 16 ottobre 2018, n. 125, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Savi), sentenza del 14 aprile 2016, n. 83
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 171 del 16 Dicembre 2019 (accoglie) (censura)- Consiglio territoriale: CDD Venezia, delibera del 10 Maggio 2017 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 12902 del 13 Maggio 2021 (respinge)
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