In dubio pro reo: il principio di presunzione di non colpevolezza vale anche in sede disciplinare

Il procedimento disciplinare è di natura accusatoria, sicché va accolto il ricorso avverso la decisione del Consiglio territoriale allorquando la prova della violazione deontologica non si possa ritenere sufficientemente raggiunta, per mancanza di prove certe o per contraddittorietà delle stesse, giacché l’insufficienza di prova su un fatto induce a ritenere fondato un ragionevole dubbio sulla sussistenza della responsabilità dell’incolpato, che pertanto va prosciolto dall’addebito, in quanto per l’irrogazione della sanzione disciplinare non incombe all’incolpato l’onere di dimostrare la propria innocenza né di contestare espressamente le contestazioni rivoltegli, ma al Consiglio territoriale di verificare in modo approfondito la sussistenza e l’addebitabilità dell’illecito deontologico (Nel caso di specie, l’istruttoria disciplinare non aveva consentito di raggiungere una prova ragionevolmente certa con riferimento ad uno dei capi di incolpazione. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha accolto il ricorso in parte qua).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Vannucci), sentenza del 28 settembre 2016, n. 300

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Pasqualin), sentenza del 28 settembre 2016, n. 296.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 300 del 28 Settembre 2016 (accoglie) (assoluzione)
- Consiglio territoriale: COA Terni, delibera del 11 Novembre 2011 (censura)
abc, Giurisprudenza CNF

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