Il principio di stretta tipicità dell’illecito, proprio del diritto penale, non trova applicazione nella materia disciplinare forense, ove infatti non è prevista una tassativa elencazione dei comportamenti vietati, ma solo l’enunciazione dei doveri fondamentali, tra cui segnatamente quello di esercitare la professione forense “con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza” di cui all’art. 9 già artt. 5 e 6 del previgente codice deontologico forense. Il suddetto art. 9 costituisce una “norma di chiusura” che consente attraverso il sintagma «per quanto possibile», previsto nell’art. 3, comma 3, della legge n. 247 del 2012, di contestare l’illecito anche solo sulla sua base, onde evitare che la mancata “descrizione” di uno o più comportamenti e della relativa sanzione generi immunità.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Brienza), sentenza n. 81 del 1° giugno 2022
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 81 del 01 Giugno 2022 (respinge) (archiviazione)- Consiglio territoriale: CDD Firenze, delibera del 17 Novembre 2020 (archiviazione)
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