Dopo ampia discussione la Commissione fa propria la proposta del relatore, ed adotta il seguente parere:
– una corretta interpretazione dell’art. 9 DPR 101/1990 consente un solo certificato di compiuta pratica; sia perché il sostantivo “compimento”, letteralmente, significa la fine, la conclusione della pratica forense, le cui modalità, una volta svolte, in conformità al DPR cit., non trovano una ragione logica e giuridica che giustifichi la loro ripetizione; sia perché l’ultimo comma dell’art. 9 dispone che il luogo della certificazione determina quello dell’esame, e questo radicamento verrebbe vanificato dalla natura mobile che assumerebbe la sede dell’esame a causa della ripetitività della pratica.
Sulla seconda parte del quesito, non vi è motivo per discostarsi dai precedenti pareri (n. 8/1995, n. 11/1995, n. 163/1997, n. 166/1997), per i quali il quadro normativo consente lo svolgimento della pratica all’estero, presso lo studio di un avvocato italiano o straniero, purchè accompagnato dalle prescritte venti udienze semestrali, e adeguatamente dimostrato al Consiglio dell’ordine locale, attraverso l’allegazione dell’avvocato, ai fini dell’accertamento dell’effettività della pratica e del rilascio della certificazione del compimento della stessa. L’assistenza alle venti udienze, prevista come minimo per ogni semestre di pratica dall’art. 6 DPR cit., deve svolgersi in termini diluiti nell’intero semestre, sì da evidenziare continuità ed assiduità nello svolgimento della pratica. Si può peraltro ammettere una deroga alla diluizione, ed una concentrazione, sempre nel rispetto del suddetto minimo, allorché ciò dipenda da motivate ragioni meritevoli di considerazione (cittadino italiano residente o domiciliato all’estero).
Consiglio Nazionale Forense, parere del 31 luglio 2002, n. 154
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 154 del 31 Luglio 2002- Consiglio territoriale: COA Vicenza, delibera (quesito)
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