Il quesito (del COA di Vicenza) verte sull’eventuale incompatibilità tra la contemporanea iscrizione nell’albo degli avvocati ed in quello degli agenti di calciatori, atteso che detta ultima attività è disciplinata dalla F.I.G.C. nell’ambito delle attribuzioni pubblicistiche proprie delle federazioni sportive, ed è pertanto da considerarsi come una vera e propria professione regolamentata. L’incompatibilità potrebbe derivare dalla facoltà di organizzare in forma imprenditoriale la professione di agente di calciatore e dalla caratteristica di obbligazione di risultato (anziché di mezzi) tipica del contratto di attività dell’agente di calciatori.

“L’attività di agente di calciatori si configura come attività almeno parzialmente regolamentata, posto che esistono attribuzioni esclusive della categoria professionale, un albo ed un esame per accedervi. La F.I.G.C. ha emanato altresì un regolamento per l’esercizio della professione ed un “codice di condotta professionale”.

L’attività assume più precisi contorni, da un punto di vista sostanziale, nel quadro delle norme civilistiche sulla conclusione di contratti nell’interesse di un terzo e, sul fronte delle modalità di esercizio della professione, nell’ambito della disciplina dettata dalle competenti federazioni sportive.
Si deve senz’altro convenire con le pronunzie giurisprudenziali, diligentemente reperite da Codesto Consiglio, sulla circostanza che l’ordinamento sportivo presenta tratti di significativa regolamentazione pubblicistica e che, in tal senso, le federazioni sportive collegate al C.O.N.I. siano detentrici di un potere di normazione autonoma, che ha nel settore di attività della federazione il proprio naturale sbocco e ambito applicativo.
Pare opportuno, peraltro, ai fini di accertare la compatibilità dell’attività di procuratore di calciatori con l’esercizio della professione forense, considerare da un punto di vista strettamente oggettivo oggetto e fine di detta attività.
Essa, quanto all’attività che il procuratore deve svolgere, consiste nella rappresentanza- tendenzialmente prolungata nel tempo- dello sportivo o della società sportiva, al fine di concludere uno o più contratti di prestazione sportiva, verso un corrispettivo (art. 3, Regolamento F.I.G.C. per l’esercizio dell’attività di Agente di Calciatore). Sono presenti, dunque, da un punto di vista civilistico, elementi propri del contratto di mandato con rappresentanza (art. 1704 segg. c.c.) e di quello di mediazione (art. 1754 c.c.).
L’attività dell’agente di calciatore si differenzia, peraltro, dalla mera prestazione di consulenza giuridica, posto che il procuratore si vincola all’interesse del cliente, può dare carattere imprenditoriale alla propria attività e, addirittura, cedere a società di capitali i diritti economici derivanti dalla propria attività (art. 4, comma 2, reg. F.I.G.C.).
Le attività di avvocato e di agente di calciatori devono ritenersi, pertanto, incompatibili.
Osta, infatti, in tal senso l’art. 3, R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, ove prevede- tra le cause di incompatibilità- sia «l’esercizio di commercio in nome proprio o in nome altrui», sia «la qualità […] di mediatore».
Depone nel senso della natura commerciale dell’attività anche la struttura del compenso per l’attività di agente di calciatori, posto che esso è «calcolato in base al reddito lordo annuo del calciatore risultante dal contratto depositato». Nel caso l’agente presti la sua opera a favore delle società sportive, invece, il “modello standard di contratto di rappresentanza” predisposto dalla F.I.G.C. prevede una somma forfettaria predeterminata.
La retribuzione spettante all’agente è dunque riferita non alle singole attività poste in essere dal professionista, quanto ad un valore esterno quale il reddito complessivo del calciatore od una previa pattuizione a forfait.
Tale struttura retributiva crea una comunanza di interessi tra il calciatore (o la società di calcio) e l’agente, il quale si trova senza dubbio in posizione di cointeressenza economica rispetto al rappresentato. Posto che l’interpretazione corrente ravvisa, in tale limitazione, la ratio di evitare ogni condizione di subalternità economica e gerarchica atta a compromettere il decoro e l’indipendenza del professionista forense.
Dal punto di vista deontologico, poi, non può trascurarsi la circostanza che l’art. 45 cod. deont. forense vieta compensi legati ai beni propri del cliente o ai proventi economici da esso conseguiti giudizialmente od in via stragiudiziale.
In tal senso l’incompatibilità tra le due professioni dal punto di vista retributivo sussiste in ogni caso, anche prescindendo dal considerare se l’obbligazione tipica dell’agente di calciatori sia di mezzi ovvero di risultato.
Deve peraltro notarsi che, anche affermando l’incompatibilità tra le due professioni, l’avvocato può comunque svolgere attività a favore di calciatori e società calcistiche anche se non iscritto nell’albo degli agenti di calciatori, come previsto esplicitamente dalla stessa normativa professionale della F.I.G.C.: «Ai calciatori e alle società sportive non è consentito avvalersi dell’opera di un agente non iscritto nell’Albo, salvo che si tratti di un avvocato iscritto nel relativo albo, e per attività conforme alla normativa professionale vigente» (art. 5, reg. F.I.G.C.).
Questa norma assume importanza centrale al fine di valutare i rapporti tra le due attività professionali, poiché consente all’avvocato di svolgere attività professionale nell’interesse di calciatori e società sportive senza necessità di iscriversi nell’albo degli agenti di calciatori, e con l’unica, necessaria, limitazione del rispetto della normativa professionale propria dell’avvocato.
In tal senso l’iscrizione in entrambi gli albi non conferisce all’avvocato maggiori competenze o possibilità aggiuntive di lavoro, bensì produce l’unico effetto di sottrarre il professionista alle regole deontologiche dell’ordinamento forense, posto che eventuali sanzioni disciplinari sono irrogate da apposita commissione insediata presso la Federazione Giuoco Calcio (art. 18, reg. F.I.G.C.) e sono rapportare al Codice di comportamento specifico della professione di agente.

Per le suesposte considerazioni, ed in relazione al progressivo processo di strutturazione cui è andata incontro la professione di agente di calciatori, deve confermarsi ed integrarsi l’orientamento espresso in prima battuta nel parere 17 luglio 2003, n. 146 (in I pareri del Consiglio Nazionale Forense (2001-2003), a cura di V. Panuccio, Milano 2005, p. 108).
In conclusione, salva la possibilità di svolgere ogni attività conforme all’ordinamento forense nell’interesse di atleti e società sportive, deve essere negata, da parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, l’iscrizione a colui che la richieda e non intenda rinunziare ad una precedente iscrizione nell’albo degli agenti di calciatori; coloro che già facciano parte di entrambi gli albi devono optare per una delle due iscrizioni.”

Consiglio Nazionale Forense (rel. Orsoni), parere del 27 aprile 2005, n. 16

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 16 del 27 Aprile 2005
- Consiglio territoriale: COA Vicenza, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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