A seguito del rifiuto, da parte della Cassa forense, della corresponsione della pensione di vecchiaia a motivo dell’incompatibilità, il COA chiede:
a) se la situazione descritta rappresenti un’incompatibilità ai sensi dell’art. 3 l.p.f.;
b) quali siano gli effetti dell’eventuale perdita della qualità di socio dell’iscritto che si verificasse ad oggi;
c) se sia potere della Cassa valutare una incompatibilità senza che vi sia una previa delibazione dell’Ordine di iscrizione dell’interessato.
La Commissione, dopo ampia discussione, adotta il seguente parere:
“Il principio enunciato in più occasioni da questa commissione è che la partecipazione del professionista a società di persone appare senz’altro compatibile con l’ordinamento professionale fintantoché queste non prevedano, nell’oggetto sociale o nell’attività di fatto, l’esercizio di attività commerciale (cfr.,di recente, i pareri 27 aprile 2005, n. 40 e 26 ottobre 2006, n. 67). In tal caso l’avvocato potrà anche assumere poteri gestori.
Quanto al quesito sub a), quindi, il Consiglio dovrà valutare, in relazione agli elementi a sua disposizione, se vi siano prove certe che le società coinvolte nel caso di specie non abbiano operatività commerciale. In caso contrario l’incompatibilità sussiste necessariamente.
Rispetto al secondo punto l’incompatibilità non può venire meno con effetti retroattivi, e quindi la dismissione della qualità di socio produrrà effetti ex nunc.
Da ultimo, per quanto richiesto sub c), non può esservi dubbio che la Cassa di previdenza ed assistenza forense ha il compito esclusivo di stabilire la continuità dell’attività professionale. Peraltro la legge afferma espressamente che «In ogni caso l’attività professionale svolta in una delle situazioni d’incompatibilità di cui all’art. 3, R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, e successive modificazioni, ancorché l’incompatibilità non sia stata accertata e perseguita dal consiglio dell’ordine competente, prelude sia l’iscrizione alla Cassa, sia la considerazione, ai fini del conseguimento di qualsiasi trattamento previdenziale forense, del periodo di tempo in cui l’attività medesima è stata svolta» (art. 2, comma terzo, l. 22 luglio 1975, n. 319). Pertanto è escluso che la Cassa debba attendere o rimettere la propria determinazione all’intervento del Consiglio dell’Ordine”.
Consiglio Nazionale Forense (rel. Allorio), parere del 24 ottobre 2007, n. 42
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 42 del 24 Ottobre 2007- Consiglio territoriale: COA Lucca, delibera (quesito)
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