Il quesito (del COA di Chieti) verte sulla sussistenza di un’incompatibilità tra la condizione di praticante avvocato ed il rapporto di lavoro dipendente e, in caso affermativo, se tale incompatibilità si riferisca anche al praticante non abilitato.

La Commissione, dopo ampia discussione, delibera il seguente parere:

“Ai sensi dell’attuale normativa il regime di incompatibilità previsto per gli avvocati non è estensibile ai praticanti, in ossequio al principio generale per cui le cause di incompatibilità, traducendosi in sostanziali limitazioni al godimento di diritti individuali, sono da considerarsi insuscettibili di estensione analogica.

In questo senso la Commissione si è orientata in senso difforme solo per i casi, quali l’appartenenza alle forze dell’ordine o a corpi militari, ove siano legislativamente imposti al soggetto obblighi di disciplina o di subordinazione tali da essere incompatibili con l’indipendenza prevista per il praticante avvocato (da ultimo confermato con il già citato parere 14 dicembre 2005, n. 93).

È peraltro necessario distinguere tra la pratica in quanto tale e l’abilitazione al patrocinio, la quale invece non può essere concessa a soggetti che si trovino in posizioni per le quali è prevista un’incompatibilità con l’esercizio della professione forense (cfr. pareri 14 aprile 2000, n. 124 e 14 dicembre 2005, n. 93), come è nel caso ipotizzato, essendo il pubblico impiego o il rapporto di lavoro privato incompatibili con l’attività di avvocato ai sensi dell’art. 3, comma 2, del R.D. 1578/1933.”.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Petiziol), parere del 13 luglio 2006, n. 51

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 51 del 13 Luglio 2006
- Consiglio territoriale: COA Chieti, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

Related Articles

0 Comment