Il patto di quota lite, alla luce della nuova legge professionale

Ai sensi dell’art. 13 L. n. 247/2012, “sono vietati i patti con i quali l’avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa”, mentre è valida la pattuizione con cui si determini il compenso “a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione”. L’accennata dicotomia legislativa deve essere intesa nel senso che la percentuale può essere rapportata al valore dei beni o agli interessi litigiosi, ma non lo può essere al risultato. In tal senso deve infatti interpretarsi l’inciso “si prevede possa giovarsene”, che appunto evoca un rapporto con ciò che si prevede e non con ciò che costituisce il consuntivo della prestazione professionale, ditalché deve in ogni caso ritenersi illecito l’accordo sul compenso stipulato (non a monte dell’incarico professionale, ma a valle di quest’ultimo, cioè) ad incarico pressoché terminato, ovvero allorché l’an ed il quantum della fattispecie contenziosa siano già stati di fatto delineati in entrambe le sue componenti.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Borsacchi), sentenza del 18 marzo 2014, n. 26
NOTA:
In senso conforme, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Morlino, rel. Borsacchi), sentenza del 30 dicembre 2013, n. 225.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 26 del 18 Marzo 2014 (accoglie) (censura)
- Consiglio territoriale: COA Trento, delibera del 24 Gennaio 2012 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 25012 del 25 Novembre 2014 (respinge)
Giurisprudenza CNF

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