L’iscritto che non versi al proprio COA nei termini stabiliti il contributo annuale è soggetto alla sanzione amministrativa della sospensione a tempo indeterminato dall’esercizio della professione, previa contestazione dell’addebito e sua personale convocazione (art. 29 L. 247/2012), inflitta con provvedimento non avente natura disciplinare ma comunque adottata secondo le forme del procedimento disciplinare, in analogia con quanto previsto dall’art. 17 L. n. 576/1980 (sospensione dall’esercizio della professione per inadempimento dell’obbligo di invio alla Cassa di Previdenza del modello 5). Detto provvedimento è dotato di efficacia immediata e priva, fin dal momento della sua adozione, l’avvocato che ne venga colpito, del diritto di esercitare la professione, senza che, con riferimento ad esso, possa ritenersi realizzabile l’effetto sospensivo – correlato all’impugnazione dinanzi al Consiglio nazionale forense – previsto, per i provvedimenti applicativi di altre e diverse sanzioni disciplinari, dall’art. 50 comma sesto del R.D.L. n. 1578 del 1933. Da ciò consegue l’illegittimità di un eventuale reclamo proposto in proprio, dinanzi al Consiglio nazionale forense, dall’avvocato sospeso, avverso il provvedimento disciplinare adottato dal locale Consiglio dell’ordine: ciò, peraltro, non giustifica dubbi di incostituzionalità dell’accennata disciplina, giacché non sussite lesione alcuna del diritto di difesa dell’interessato, che infatti ben può farsi assistere nel ricorso al C.N.F. da altro difensore, ferma restando la facoltà di comparire dinnanzi al Consiglio e di interloquire personalmente.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Baffa), sentenza del 10 ottobre 2017, n. 140
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 140 del 10 Ottobre 2017 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 28 Gennaio 2016 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 17192 del 28 Giugno 2018 (respinge)
0 Comment