Il giudicato penale non preclude una rinnovata valutazione dei fatti in sede disciplinare

Il giudicato penale non preclude una rinnovata valutazione in sede disciplinare dei fatti accertati penalmente, essendo diversi i presupposti delle rispettive responsabilità e dovendo rimanere fermo il solo limite dell’immutabilità dell’accertamento dei fatti, nella loro materialità, operato dall’autorità giudiziaria. E’ infatti inibito al giudice della deontologia di ricostruire l’episodio posto a fondamento dell’incolpazione in modo diverso da quello risultante dalla sentenza penale passata in giudicato ma sussiste, tuttavia, la piena libertà di valutare i medesimi accadimenti nella diversa ottica dell’illecito disciplinare, con la conseguenza che il C.O.A. (ed ora il C.D.D.) non è vincolato alle valutazioni contenute nella sentenza penale laddove esse esprimano determinazioni riconducibili a finalità del tutto distinte da quelle del controllo deontologico.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Logrieco), sentenza del 26 febbraio 2018, n. 1

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Sica), sentenza del 8 aprile 2016, n. 66, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Picchioni), sentenza del 18 settembre 2015, n. 137.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 1 del 26 Febbraio 2018 (respinge) (radiazione)
- Consiglio territoriale: CDD Milano, delibera del 13 Ottobre 2016 (radiazione)
Giurisprudenza CNF

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