Laddove l’avvocato si trovi nella condizione di non poter seguire allo stesso tempo verità e mandato, leggi e cliente, la sua scelta deve privilegiare il più alto e pregnante dovere radicato sulla dignità professionale, ossia l’ossequio alla verità ed alle leggi spinto fino all’epilogo della rinunzia al mandato in virtù di un tale giusto motivo, astenendosi dal porre in essere attività che siano in contrasto con il prevalente dovere di rispetto della legge e della verità ex art. 50 cdf, che ispira la funzione difensiva in coerenza con il dovere di lealtà espressamente previsto dall’art. 3 L. n. 247/2012 con riferimento alla professione forense in generale, nonché dall’art. 88 cpc con specifico riguardo al processo.
NOTA:
In senso conforme, da ultimo, CNF n. 445/2024 e Cass. n. 41990/2021.
In arg. cfr. pure CNF n. 127/2024 e CNF n. 9/2019, secondo cui, qualora l’illecito fosse commesso al di fuori del processo/procedimento di cui al Titolo IV cdf, l’illecito stesso sarebbe sanzionabile ex art. 9 cdf. Analoga questione riguarda l’art. 52 cdf (Divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti), collocato nel medesimo Titolo IV, per gli illeciti commessi fuori dal processo/procedimento (per la tipicità, CNF n. 64/2025; per l’atipicità, CNF n. 68/2025).
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 83 del 28 Marzo 2025 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Brescia, delibera del 20 Novembre 2023 (sospensione)
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