L’art. 51, can. I, C.D.F. vieta al professionista, che abbia congiuntamente assistito i coniugi in controversie familiari, di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l’altro. Tale previsione costituisce una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d’interessi, non richiedendosi specificatamente l’utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza; pertanto, la norma de qua non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza, per l’integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l’incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio (Nel caso di specie, nonostante in precedenza avesse assistito entrambi i coniugi nel procedimento per separazione consensuale, aveva poi assunto la difesa di uno dei due presentando un ricorso giudiziale per la cessazione degli effetti civili del matrimonio. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Pisano), sentenza del 20 marzo 2014, n. 43
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Tacchini), sentenza del 13 marzo 2013, n. 35.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 43 del 20 Marzo 2014 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Como, delibera del 15 Dicembre 2010 (censura)
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