La Commissione preliminarmente rileva che in materia di iscrizioni nell’albo e negli elenchi il Consiglio territoriale è munito di autonoma e diretta competenza in qualità di organo amministrativo funzionalmente preposto alla custodia dell’albo. Si forniscono comunque le seguenti indicazioni interpretative.
Il proposto quesito presuppone che il Consiglio territoriale abbia valorizzato, all’atto dell’iscrizione dell’interessato nell’albo speciale, l’elemento del possesso del titolo professionale “di origine” acquisito in uno Stato membro della Comunità Europea, prima dell’esercizio in Italia della professione di avvocato; non emerge, invece, dal quesito e dalle puntualizzazioni di fatto, se il Consiglio territoriale abbia, o meno, accertato di quale Stato l’interessato risulti essere cittadino.
Il d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, attuativo della Direttiva 98/5/CE, ha introdotto nell’ordinamento forense un articolato sistema di riconoscimento, ai fini dell’esercizio permanente della professione in Italia, delle qualifiche professionali accreditate dagli Stati membri della Comunità Europea (cfr. art. 2 del d.lgs.); è stata, pertanto, normata la figura dell’avvocato “stabilito” e di quello “integrato”.
Sennonché, in aggiunta al requisito del “titolo professionale di origine” (specificato nell’art. 3, comma 1 lett. B) del decreto Lgs. n. 96/2001, che necessariamente deve essere rilasciato da uno “Stato membro di origine” (ex art. 3, comma 1 lett. a), la normativa di riferimento richiede, in capo al professionista interessato, il possesso dello status civitatis in uno degli Stati membri della Comunità Europea.
Il requisito della cittadinanza costituisce, coerentemente con l’interpretazione sistematica dell’impianto legislativo, il presupposto pregiudiziale che condiziona la possibilità del professionista interessato di avvalersi del particolare procedimento di accesso all’albo custodito dal Consiglio territoriale.
D’altro canto, il criterio prevalente della cittadinanza, quale presupposto per la fruizione dei benefici normativi finalizzati alla libera circolazione delle prestazioni e dei servizi in ambito comunitario, è ben radicato nell’ordinamento sovranazionale e risulta recepito dal legislatore italiano già con il d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 115 (attuativo della Direttiva 89/48/CEE), che riserva il sistema del riconoscimento dei titoli professionali ai soli cittadini comunitari.
Nel caso di specie, in conclusione, ove l’interessato sia cittadino di uno Stato membro della Comunità Europea, la circostanza che il “titolo professionale di origine” (attestato dall’Ordine degli Avvocati del Portogallo) sia stato acquisito mediante riconoscimento di un omologo titolo originariamente conseguito in Brasile, appare non influente; laddove, invece, il difetto della cittadinanza di uno Stato comunitario presenta valore preclusivamente assorbente.
Va, in ogni caso, considerato che – anche nell’ipotesi il soggetto sia sprovvisto della cittadinanza di uno dei Paesi membri dell’Unione Europea – avrà comunque la possibilità di chiedere il riconoscimento del titolo professionale con domanda al Ministero della Giustizia, ed eventualmente previo superamento delle misure compensative che saranno prescritte con apposito decreto ministeriale. I cittadini extracomunitari possono infatti accedere al procedimento di cui all’art. 16, d.lgs. 206/07 ed essere – successivamente al riconoscimento dei titoli – iscritti in albi professionali senza alcuna discriminazione in relazione allo status civitatis, come prescritto dall’art. 37, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Consiglio Nazionale Forense (rel. Picchioni), parere del 27 aprile 2011, n. 47
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 47 del 27 Aprile 2011- Consiglio territoriale: COA Torino, delibera (quesito)
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