Osserva la Commissione che l’associazione tra avvocati – figura tipica di organizzazione strutturata dell’attività professionale, il cui regime giuridico risale all’abrogata legge n. 1815/1939 ed al TUIR in materia di attribuzione del reddito agli associati – è esaustivamente disciplinata dall’articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, il cui comma 3 consente la costituzione del rapporto associativo solo tra professionisti iscritti all’albo.
Tale requisito soggettivo integra una condicio facti, alla quale non può essere assimilata l’iscrizione al distinto registro dei praticanti; non presenta, pertanto, rilievo la circostanza che il praticante risulti, o meno, abilitato.
Non può, d’altro canto, non considerarsi che anche l’istituto dell’abilitazione ha subito – ad opera dell’art. 41 della legge n. 247/2012 – una profonda revisione, consentendosi al praticante un esercizio professionale limitato ad attività sostitutive dell’avvocato presso il quale venga svolto il tirocinio e, comunque, sempre sotto la responsabilità di quest’ultimo.
La Commissione ritiene, pertanto, che al quesito vada data risposta negativa.
Consiglio nazionale forense (rel. Berruti), parere 24 settembre 2014, n. 60
Quesito n. 361, COA di Rimini
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 60 del 24 Settembre 2014- Consiglio territoriale: COA Rimini, delibera (quesito)
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